Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

mercoledì 3 dicembre 2014

Michele Tocca

Michele Tocca, Cloud III, 2014
olio su tela, 80x50 cm
Courtesy of the Artist and of James Fuentes
Photo by Adam Reich

Michele Tocca è un pittore anagraficamente giovane, ma con una consapevolezza già solida della propria disciplina: il dipingere quasi esclusivamente a olio su tela e sempre dal vero non attesta semplicemente la sua adesione a canoni e tecniche tradizionali; è altresì un espediente per poter sviluppare una riflessione sull'architettura dell'immagine pittorica, sulla mutevolezza del «mondo in presa diretta», sulla necessità di aderire alle cose per poterle tradurre in immagini.
Non a caso, Tocca definisce la sua pittura «tattile», perché non può prescindere dal contatto diretto e concreto con l'oggetto da dipingere. In controtendenza rispetto alla progressiva virtualizzazione delle relazioni, Tocca ritorna alla materia, esaltandola nella tridimensionalità degli strati di pigmento sovrapposti che emergono dalla superficie piana della tela, creando avvallamenti, crepe e rilievi che amplificano i rapporti di luce e ombra, e avvicinano la pittura alla scultura.


Nei lavori di Tocca, accanto a questo calore “materico” tipicamente mediterraneo, spicca tuttavia una nota di algida luminosità maggiormente affine alla pittura nordica e fiamminga: una contaminazione dovuta forse ai suoi studi e soggiorni in Belgio e Gran Bretagna. Anche la compostezza formale, che si esprime soprattutto nell'uso di una palette di colori umili (beige, ocra e grigio), che si adagiano persino sulle tinte più squillanti (rosso, blu, rosa), mitigandone la temperatura cromatica e uniformandole in una luce fredda e chiara, è riconducibile alla lezione di artisti come l'inglese William Nicholson (1872-1949) o la gallese Gwen John (1876-1939), che infatti Tocca menziona tra i riferimenti fondamentali della propria formazione, insieme ai francesi Andre Derain (1880-1954), Tal-coat (1905-1985) e Soulange (n. 1919), nonché agli americani Wayne Thiebaud (n. 1920) e Albert York (1928-2009) e al canadese Robert Bordo (n. 1949), a lui più vicino, non solo in termini generazionali, ma soprattutto per gli esiti formali della sua ricerca artistica, connotata da uno stile telegrafico. Tocca cita infine alcuni artisti italiani, purtroppo spesso marginalizzati, in particolare Roberto Melli (1885-1958) e Fausto Pirandello (1899-1975), esponenti della Scuola Romana. Commenta l'artista: «I riferimenti sono molteplici e fanno parte di una continua interrogazione sulla materia, sulla pittura e il rapporto con l'esperienza del mondo, ovvero ciò che per me conta maggiormente».

Materia ed esperienza, dunque, che nelle opere della serie Cloud (a cui appartiene anche l'immagine in copertina) si misurano con la precarietà del tempo, nella doppia accezione del termine (meteorologico e cronologico), declinato in rapporto all'attività artistica condotta en plein air.
Spiega Tocca: «Nei lavori della serie delle nuvole il rapporto con il tempo è invertito. È il tempo, anche meteo, a impormi le modalità di lavoro: quando posso e non posso lavorare; quanto tempo una nuvola si trattiene in un punto specifico; la necessità di preparare la tavolozza in anticipo. Le nuvole e i fenomeni atmosferici in generale hanno assunto per me un interesse sconfinato da qualche anno».
Tempus, come registrazione astratta della durata dei fenomeni, è un concetto che tradisce la sua origine concreta, naturale, indissolubilmente legata alle condizioni atmosferiche. La sua etimologia indoeuropea, infatti, benché molto discussa (pare derivi dal greco temno, “separare, dividere”), rimanda al “periodo” dell'anno, alla “stagione”. Insieme all'osservazione del cielo e del moto astrale, la constatazione primordiale dell'alternanza delle stagioni, con le relative variazioni climatiche, ha costituito probabilmente la base primitiva del calcolo del tempo.
L'urgenza di cogliere la nuvola in un determinato istante, prima che cambi completamente conformazione, spinge Tocca a dipingere velocemente, senza ampi margini di riflessione. Tale rapidità di esecuzione traspare nelle pennellate, che sembrano battute dal vento e che conferiscono un senso di forte dinamismo all'immagine. Difficile non associare questi studi su paesaggi e nuvole a quelli del pittore romantico John Constable (1776-1837) il quale a tal fine utilizzava i noti brushstrokes, ossia colpi di pennello sparsi, dati a piccoli tocchi.

La nuvola che, nonostante i raffinati strumenti matematici, la teoria dei giochi, il calcolo delle probabilità e le teorie del caos di cui si serve la moderna meteorologia, rimane ancora simbolo di transitorietà, di movimento incessante e continuo, è un soggetto ricorrente e tradizionale nella pittura sia europea sia orientale. In Occidente del resto ha una valenza teologica fondamentale, in quanto figura teofanica per eccellenza, nella quale Dio rivela in gloria, e al contempo maschera, il proprio volto. La nuvola, che mostra e insieme cela, è materia, possiede una sostanza, ma una sostanza informe, perfetta per esprimere l'idea di una divinità aniconica ed epifanica come Yahwè. Ma quando Mosè, in un'anticipazione straordinaria del principio di indeterminazione di Heisenberg, si accinge a toccare la nube per conoscerla, questa svanisce. La stessa cosa si potrebbe dire dei pittori: le nubi, entità sfuggenti, sono refrattarie alla rappresentazione e forse è il pittore che si appresta a ritrarle, non già il vento, a farle spostare nel cielo.

***testo pubblicato in GIDM num. 4, vol. 34, dicembre 2014***