Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

mercoledì 22 marzo 2017

Paola Angelini

Paola Angelini, Studio di luce 2 / Study of Light 2, 2014
oil on linen, 103 x 107 cm
Courtesy of the artist 

Sia quando viene esercitata en plein air, assimilando le vibrazioni atmosferiche del paesaggio, sia nella prossimità emotiva di una natura morta, la pittura di Paola Angelini si presenta come un amalgama equilibrato di materiali personali e di sollecitazioni esterne, sedimentatesi in lei, sotto forma d’immagini e di sensazioni fisiche, durante lo studio oppure in occasione di viaggi e prolungati soggiorni, come quelli, decisivi sul piano biografico, in Norvegia e in Belgio.
Prescindendo interamente dalla dimensione diacronica di questa stratificazione complessa, la sensibilità visiva dell’artista marchigiana viene alimentata in continuazione: magari nel bosco che cinge un fiordo, dove l’aria è tersa come l’icastico rigore che solca i romanzi di Knut Hamsun; o dinnanzi alla Pietà di Tiziano presso la Galleria dell’Accademia a Venezia, oppure tra i capolavori di Palazzo Pretorio a Prato, dove Angelini inaugurerà tra qualche mese, in una sala a lei dedicata, la sua nuova personale.

In un dipinto di Angelini sarebbe estremamente difficile, addirittura impossibile, ricostruire la miriade di riferimenti alla storia dell'arte, alla sua biografia, alla molteplicità d'immagini che arricchiscono il suo archivio interiore. Sebbene i suoi lavori non perseguano alcun intento narrativo, a un’analisi più attenta si ha tuttavia la sensazione che essi celino tante storie frammentarie entrate in qualche modo in risonanza con la sua sensibilità: racconti spezzati, interrotti, non finiti, nei quali l’incipit è più importante del finale. Nel romanzo intitolato Se una notte d’inverno un viaggiatore, patchwork di innumerevoli abbozzi di racconti mai risolti, di varie storie inconcluse sviluppate in parallelo, senza un ordine gerarchico, Calvino ha offerto il modello letterario per eccellenza di questa tecnica compositiva e del suo principio costruttivo: «La storia della letteratura è ricca d’incipit memorabili, mentre i finali che presentino una vera originalità sono più rari […] Questo è particolarmente vero per i romanzi: è come se nel momento dell’attacco il romanzo sentisse il bisogno di manifestare tutta la sua energia. È da questa constatazione che sono partito quando ho cominciato a pensare a un romanzo fatto di inizi di romanzo». Analogamente si potrebbero considerare le opere di Angelini come dipinti fatti di inizi di dipinti, nei quali la superficie del quadro viene trattata come un campo di relazioni potenziali. Anche grazie alla sua sintonia con la tradizione fiamminga, la giovane pittrice dispone le diverse figure sulla tela con intento corale,  garantendo a ciascuna una sorta di equivalenza visiva ed evitando d’imporre alla composizione una struttura centralizzata, con un elemento prevalente sugli altri.

Non bisogna però scambiare quest’assenza di un baricentro e di continuità narrativa per una tarda riproposizione della decadente art pur l'art avente l’unico scopo di esercitare la pratica della pittura. Tali premesse potrebbero indurre a scorgere una tendenza al nichilismo, ossia a dipingere senza un centro visibile, senza un ordito razionale e una meta precisa. Il nichilista, disinteressato all’origine dei propri pensieri e delle proprie esperienze interiori, resta perennemente ancorato a un immobile hic et nunc, è condannato a pestare i piedi sul posto, privo di slancio nel tempo, di moto in avanti o all'indietro, senza alcuna vis utopica né alcun anelito a salvare qualcosa dall'oblio o dall’inesorabile distruzione portata dal progresso. Ciò che protegge la pittura di Angelini da un simile nichilismo sembra essere l’aderenza a temi e oggetti emotivamente carichi, nonché il calore avvertibile in ogni indecifrabile accostamento di forme eterogenee. Ciò che le impedisce di cadere in questo vuoto è forse una mossa difensiva nei confronti della dissoluzione del soggetto, del proprio Io: accostando una all’altra sulla tela immagini tanto imprecise e indefinibili quanto cariche di Sé, dense, viscose e intense sul piano esistenziale, collegate in modi imperscrutabili a una realtà esteriore forse presente, forse passata o forse soltanto immaginata, la giovane artista sembra erigere una fragile barricata contro la dissoluzione incombente, un ultimo diaframma – estetico ma anche etico – che, di fronte allo sfaldarsi rapido e inarrestabile di ogni solidarietà, non può che coincidere con un precario residuo di individualità.


Paola Angelini, nasce nel 1983 a San Benedetto del Tronto (AP), attualmente vive e lavora a Gent in Belgio, dove prosegue la propria formazione presso la Koninklijke Academie voor Schone Kunsten / Royal Academy of Fine Arts (KASK). Dopo il diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze (2008), ha frequentato nel 2011 il Laboratorio di Arti Visive presso lo IUAV di Venezia con Bjarne Melgaard – uno dei più noti e apprezzati artisti norvegesi – e nello stesso anno ha preso parte alla collettiva Baton Sinister per il padiglione norvegese alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2014 e nel 2016 è stata selezionata per una residenza in Norvegia presso il Nordic Artists’ Centre Dale (NKD). Ha ricevuto diversi premi, tra cui il premio Level 0 di ArtVerona 2014. Tra i progetti futuri, segnaliamo due mostre personali: a maggio al Palazzo Pretorio di Prato e a novembre al Museo Palazzo Ducale di Urbino. Infine, tra le numerose mostre personali e collettive a cui ha partecipato ricordiamo: nel 2016 What is Orange? Why, an Orange, Just an Orange!, Marsèlleria, Milano (personale). Nel 2015 Passi Erratici, Museo Nazionale della Montagna, Torino e Contemporary Artists from Italy, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Nel 2014 Landskapet, Nordic Artists’ Centre Dale NKD, Dale i Sunnfjord, Norvegia (personale); Visioni per un inventario: una mappa del navegar pitoresco, Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco, Venezia e Ciò che l’apparire lascia trasparire, Mac-Museo di Arte Contemporanea di Lissone, Lissone (MB).


***testo pubblicato in GIDM - num. 1, vol. 37, marzo 2017***